Di recente sono stata contattata da Radio Verona per una breve intervista su un tema a me molto caro: la stimolazione cognitiva. Alcuni di voi conosceranno già questo termine, altri invece no… e, ahimè, il fatto che una buona parte della popolazione non sappia cosa sia non è un dato molto positivo.
Perché?
Sono tante le famiglie che hanno come unico riferimento le terapie farmacologiche, nonostante queste siano comunque limitate da fattori quali la comparsa di effetti collaterali importanti (per non parlare del costo non indifferente!).
Vogliamo poi parlare della recente notizia che riguarda colossi farmaceutici statunitensi ed europei come la Pfizer e la Merck e la loro decisione di "riallocare le risorse" fin ora dedicate alla ricerca sulle malattie neurodegenerative?
Che cosa intendiamo allora con stimolazione cognitiva? Come funziona?
La stimolazione cognitiva si configura come un intervento strategicamente orientato al benessere complessivo della persona (e, di riflesso, della famiglia) finalizzato a riattivare stimolare le aree cerebrali e le competenze residue della persona malata attraverso esercizi mirati e a mantenere quindi l’autonomia più a lungo nel tempo, rallentando la perdita dovuta alla patologia.
Cosa dicono le più recenti ricerche in merito?
L’evoluzione delle neuroscienze ha incrementato i dati a sostegno del carattere plastico e adattabile del sistema nervoso anche in seguito alle modificazioni dovute a eventi traumatici o patologici e, coerentemente a ciò, ha incrementato i dati a sostegno della reale efficacia della stimolazione cognitiva.
Perché è necessario rivolgersi ad uno specialista?
Lo specialista accompagna il malato e la famiglia nel difficile percorso che porta alla diagnosi e anche alla terapia, valutando l’efficacia di un determinato trattamento e sostenendo i familiari sia da un punto di vista emotivo che pratico nella gestione quotidiana del malato.
Che cosa possono fare i familiari nel concreto?
TANTISSIMO! La terapia di Stimolazione Cognitiva può essere mediata dai familiari e, quindi essere svolta anche a casa, andando a potenziare l’intervento dello specialista! Per fare ciò ovviamente i familiari devono essere addestrati agli esercizi, alle modalità e al materiale da utilizzare.
Questi esercizi e materiali sono dimpegnativi per un familiare?
E' più semplice di quanto si possa pensare! Si tratta in primo luogo di identificare un momento (e un luogo) idoneo durante la giornata da dedicare (circa due volte a settimana per circa 30 minuti) ad attività ed esercizi pre-strutturati, quasi tutti realizzabili con materiali facilmente reperibili in casa o con carta e penna!
Attenzione! Questi esercizi e attività vanno prestabilite e tarate sulle competenze residue e sul livello di progressione della malattia del nostro caro altrimenti si rischia di compromettere non solo l'efficacia della terapia ma anche la collaborazione dei nostri cari!
Investire sul conoscere la malattia e capire come gestirla in modo efficace,
è necessario per imparare a fronteggiarla anche nei momenti più difficili.
CHE SIA IL CASO DI COMINCIARE AD (IN)FORMARSI?
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